lunedì 24 marzo 2014

Abitudine

Abitudine: un atroce vizio vestito da vecchia signora.

venerdì 21 marzo 2014

Beltà vedea

E dietro segue la sua ombra, un animo gentile, una sensibilità pari ad una distesa di neve, pura, libera, struggente.
Nessuno avrebbe mai detto che essa fosse la forza motrice di quel teatrino, giostra delle bellezze del mondo.
Nonostante ciò, a vedersi, si direbbe di più essere un fiore, giallo intenso, accecante, carnoso, lo stelo lievemente pendulo, un vellutato cono rivolto verso l'esterno, un profumo delicato ma insistente.
Richiede e ama visite incessanti, ma si stanca presto al sussurrare degli insetti. Vorrebbe solo udire la pace dei boschi, il cantar di uccelli, anime speranzose, lo sfrigolar di sottobosco. Non tanto l'umido o il rinfrescar d'estate, uno spiraglio di luce che illumini lo sguardo. Questo grande miracolo che scioglie ogni pensiero, ti scalda dentro, come il ghiaccio piange al sole.
Sentirsi liberi come
quando, lungo la strada,
scorgo, incastonato,
un candido fiore.

giovedì 20 marzo 2014

Non è il padre a fare uomo il figlio.

Della vita non bisogna perdere il filo.

Parole d'acqua

Mi immergo nella vasca da bagno in cerca di un po' di quiete.
La casa riecheggia di voci amiche, ricordo delle innumerevoli giornate e nottate trascorse in compagnia. Simposi.
I muratori, al di là della strada continuano a trafficare con spatole e vernici. La vicina sbatte un tappeto sulla balconata e torna a passare l'aspirapolvere. Se mi immergo totalmente posso ascoltare i discorsi dei vicini del piano di sotto, sento persino la trasmissione alla televisione.
Ogni tanto un'ape o una farfalla, che fanno visita ai miei fiori, si inoltra in casa, passa per il bagno, mi porge un saluto e torna ai profumi del mio balcone.
Il gelsomino sta fiorendo. Nonostante il raffreddore, ne sento l'odore. Mi penetra sino ai polmoni. Raggiunge direttamente il cuore. Mi ricorda le notti d'estate trascorse nella casa nuova, la casa di mia nonna dove andammo a vivere dopo che lei morì. Mi ricorda me, piccina ancora, in quel giardinetto a giocare con la terra -la impastavo con l'acqua e plasmavo statuine d'argilla-, a parlare con le gatte, che una volta erano sue, credendo che loro potessero essere un tramite tra me e lei. Mi ricordo che tra quei gelsomini, a tarda sera, incontravo spesso le lucciole. Le credevo fate.
Mi fermo un attimo, blocco la mente. Sono le quattro. C'è ancora luce. Penso a quando le nostre strade si incrociarono. Ti lamentavi della luce invernale, del sole che a quest'ora già riposa. Non ne eri felice, non eri felice e questo non ti aiutava. Adesso c'è ancora luce, il sole è lì che brilla. Oggi nemmeno ti sento, non sei felice. E il sole c'è. Mi chiedo come fare...
Ma è per questo che sono nell'acqua, per non pensare, affogare un sentimento troppo grande. Lascio, lentamente, scivolare la testa sotto. Vorrei nuotare. Mare mio che nostalgia ho di te! Nostalgia di un sussurrar d'ali di gabbiano.
Tu non lo sai, la prima poesia che scrissi era sui gabbiani, la mia maestra delle elementari ne rimase stupefatta. Io non me la ricordo e nemmeno ricordavo fosse accaduto fino a qualche secondo fa. Ma ecco che torno a parlarti... È quel che farei, potessi. Se solo le mie parole finalmente avessero un suono e non un semplice scricchiolar di carta, attrito di penna su un foglio! Alla mia età non ho ancora imparato a parlare. Forse perché nessuno ha mai trovato il modo di ascoltarmi. Se scrivo, puoi non leggermi, puoi non ascoltarmi, la scelta è tua, te ne do libertà. Non obbligo all'ascolto, non necessito di emanazioni di me. Vorrei ci fosse un modo. Ci sarà, certo, ogni cosa a suo tempo. Ho imparato da poco a slegarmi dai versi, imparerò anche quello.
Domani inizia la primavera. Avrei voluto fossimo insieme. Avrei compiuto gesti banali, forse mi sarei tagliata una ciocca di capelli e te l'avrei regalata come pegno d'amore. Questi miei capelli che farei crescere per piacerti di più! Avrei forse, con un solco, disegnato un cerchio sul terreno, pregando la madre terra di averti con me. Forse, avrei guardato le stelle nella profonda notte, in cerca di risposte. Avrei sonnecchiato ai piedi di un albero, nella speranza di svegliarmi e trovarti accanto.
Le anime non hanno tempo... Ci penso spesso. Ma ora mi sento come una fotografia immateriale. Sono in un rullino non sviluppato. Non credo di volerne vedere la stampa. Eppure esisto.
Cogito ergo sum, diceva il buon Cartesio. Come biasimarlo. Mi piacerebbe pensare di meno per sentirmi meno qui. Sola. E non mi sento sola, sento solo che manca qualcosa.
Ma è tardi, sono da due ore qui dentro.
A volte le cose non hanno né inizio né fine.
Ed io, devo andare.

giovedì 13 marzo 2014

Sole tropicale

Sei stato
un lungo inverno
senza fine
i cui
unici momenti di luce
erano
calore di un sole
di altre terre
un sole ustionante
che rianimava il mio cuore
Ora
inverno cessato
vivo
l'attesa primavera
vivo
un sole continuo
un sole
che mi appartiene
un sole
che è dentro di me
Ci sono giorni
in cui l'inverno
mi assale
i brividi mi paralizzano
il gelo mi attanaglia
mi costringe il cuore
lo segrega in uno
sterminato ghiacciaio
di eterne lacrime
isolato nel nulla
Ci sono giorni
Inverno
in cui ancora
uccidi la gentilezza
della vita
in cui Tu
-Imperatore del Nulla-
hai distrutto tutto
per costruire un tempio
dorato custodito
da leoni di pietra
la quiete del nulla
un'apparente oasi
un tempio d'odio
le cui ricchezze
sono trofei di guerra
strappati alla mia
plumbea vita
Uccido
il tuo sole tropicale
lo spengo
col sangue dei miei
arti amputati
apro
senza più mani
la finestra alla primavera
respiro
questi raggi
mi abbandono
dentro
ancora freddo e vuoto
si scioglieranno
ghiacciai, nevi eterne
un lento rifiorire
una luna nuova
il suono di vite
E tu
Morte
mio sofferto inverno
Tu
rimarrai chiuso
in un vuoto
sole tropicale
ed Io
sarò estate
il mio sole
il mio cuore
nulla più

mercoledì 12 marzo 2014

Parole non dette

Parole non dette

Ti chiudono il naso
stringono -laccio mostatico-
il vellutato collo
ne recidono il fiore
spezzano scricchiolanti
rami di ruscello in una
gabbia -la voliera
del mio guizzante cuore-
Ti strappano gli occhi
dal desiderio di vederle
uscire in bolle di fumo
-urla plastiche-
di sentirle libere di
singhiozzare e sbattere
contro il grande muro
-l'altrui volto-
sfondare una vuota
immagine di cartone
un sorriso disegnato
con lacrime dei miei occhi.

Parole non dette

Susseguono volti
un esercito di maschere
senza bocca
senza respiro
occhi cuciti decomposti
sfilano lungo un
recinto di lame
una geometria di paranoie
una liturgia composta
di suoni nasali e muti
di accenti sincopati
di colori slavati
Irrompono in massa
nelle vie della mia mente
come acqua distruggono
argini vitali
scorrono verso il mare
verso la libertà di
perdersi nel mondo
morire.

Parole non dette

Cercano l'uscita
mangiano assopite materia
cercano mani che
le plasmino febbrilmente
con ardente piacere
-un dolore immenso-
si fondono in danze
sudate di rosso
Cercano in battaglia
il campo minato
di rivali parole dette
non pensate
non pesate
che schiacciano col
proprio peso un candido
foglio macchiato di pece
un cimitero occupato
da morti illegittimi
una pace rubata
alla loro quiete.

Parole non dette

Mi uccidono

Uccidono il mio dire
le tue dette parole

domenica 9 marzo 2014

Sbuffo

Per il resto era inerme.
Un eterno sbuffo nel mondo.

venerdì 7 marzo 2014

Vita

Per vivere davvero, bisogna esser morti almeno una volta.

martedì 4 marzo 2014

Incipit di memorie

Mancavano pochi giorni allo scadere del mio venticinquesimo compleanno. Continuavo a pensare "un quarto di secolo" -che ovvietà!-; ma un quarto di secolo concluso, il prossimo salir di gradini mi avrebbe portato a un piano più alto, alla metà di secolo.
Come, sovente, mi accadeva in quel periodo, avrei desiderato essere un albero.
Fu allora che, ragionando sulla mia esisteza compiuta e in atto, sentii l'impellente bisogno di vite. Vite ascoltate. Un grande ritratto verista apparve nella mia mente...